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Pathless Land
Andrea Lerda, 2017


Entering Bepi Ghiotti's work is like walking on a path towards an intimate, authentic and secret place.
It is not by chance that, since 2007, this artist is carrying out a photographic research that leads him to the natural sources of the main rivers of the world. He looks for these particular spots in the most remote corners of the planet, then he shoots them with his camera. His journey is centered on the
symbolism of these places, which are charged with magic, yet at the same time this is a critical reflection on the “bulimic” fashion in which the spectator “consumes” an increasing amount of photographic images within the contemporary dimension.
What emerges from Ghiotti's work, both in the Sources series as well as in the photographic project Inside Carol Rama (2014), is a primitive world, which offers the audience the opportunity to relate to these unique and pristine places. Once the fiction is taken away from the photographic
frame, the artist lets the symbolic references, naturally embedded within the photographic reality, generate new meanings and interpretations.
Listening to those questions deeply rooted within one's being, which only the sensitive soul is able to appreciate, Bepi Ghiotti fulfills his need for marching towards the root of all things, searching for that authentic and unknown dimension that hides behind what is visible.
The video Pathless Land, Bali (2015) shows a man with a machete (the artist himself) cutting his way through the lush vegetation of Bali's inland, near Ubud. As if he were a modern conquistadors or a man looking for an ancient path, the frame reveals the “alien” space that separates the human being from the natural dimension. A huge black hole beyond which everything is unknown and is potentially dangerous. The brutal gesture with which the artist damages the vegetation is something hat can be completely overlooked compared to the potential threat that nature can pose to such a
defenseless and insignificant creature. Bepi Ghiotti crosses that boundary of security generated by the sublime described by Edmind Burke, pushing himself through danger and mystery in the desperate (perhaps useless) attempt to look for and find a primordial space and world. Inside the daily reality and the ever growing ecological debate, this work questions our relationship with nature, contemporaneously highlighting the need mankind has of redefining an intellectually honest and ethic relationship with his innermost most essence.

 

 

Pathless Land

Andrea Lerda, 2017

 

Entrare nel lavoro di Bepi Ghiotti è come percorrere un sentiero che conduce verso un luogo intimo, autentico e segreto.

Non è infatti un caso che, dal 2007, l’artista porta avanti una ricerca fotografica che lo vede impegnato a ricercare e successivamente fotografare, sorgenti naturali negli angoli più remoti del pianeta.

Un percorso incentrato sulla simbologia di questi luoghi carichi di magia, ma allo stesso tempo una riflessione critica sulle modalità “bulimiche” che lo spettatore adotta nel “consumare” una quantità sempre maggiore di immagini fotografiche all’interno della dimensione contemporanea.

Quanto emerge infatti dai lavori di Ghiotti, nella serie Sources come nel progettofotografico Inside Carol Rama (2014), è un mondo primigenio, che in quanto tale, offre a chi guarda la possibilità di relazionarsi con immagini di luoghi unici e non corrotti. Eliminatala finzione dal campo fotografico, l’artista lascia che siano i rimandi simbolici naturalmente presenti all’interno della realtà fotografata a generare nuovi significati e percorsi di lettura.

Ascoltando quegli interrogativi che l’Io più profondo pone e che l’animo sensibile recepisce, ai quali è necessario dare forma, Bepi Ghiotti asseconda così un bisogno di marciare verso la radice delle cose, alla scoperta di quella dimensione autentica e sconosciuta che si cela oltre la soglia del visibile.

Nel video Pathless Land, Bali (2015) un’uomo con una falce in mano (l’artista stesso), si apre un varco nella fitta vegetazione della delle foreste nell'entroterra di Bali, ad Ubud.

Che si tratti di un moderno conquistatore o di un uomo alla ricerca di un sentiero perduto, quanto traspare dall’inquadratura è lo spazio “alieno” che separa l’essere umano dalla dimensione naturale. Un grande buco nero oltre il quale tutto è sconosciuto e potenzialmente pericoloso.

L’azione brutale che l’artista compie ai danni della vegetazione è qualcosa di totalmente trascurabile rispetto al potenziale dannoso che la natura può riservare ad una creatura così indifesa e insignificante. Bepi Ghiotti varca quel limite di sicurezza che genera il sentimento del sublime di cui parlava Edmind Burke, spingendosi attraverso il pericolo e il mistero, nel disperato (e forse vano) tentativo di cercare e trovare uno spazio e un mondo primordiale.

All’interno della realtà odierna e del sempre più pressante dibattito ecologico, questo lavoro evoca alla mente numerosi spunti di riflessione sul nostro rapporto con la natura, suggerendo allo stesso tempo la necessità da parte dell’uomo, di ritrovare un rapporto intellettualmente onesto ed etico con il proprio Io.

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